IL PROGETTO DEGLI SPAZI PER L’APPRENDIMENTO: LA FLESSIBILITÀ TECNOLOGICA E SPAZIALE
Daniela Ladiana, Dipartimento di Architettura di Pescara, Università degli Studi “G. d’Annunzio” di Chieti e Pescara, BETHA
Gli spazi per l’apprendimento
Con l’affermarsi a livello disciplinare della necessità di strutturare le attività pedagogiche e didattiche non esclusivamente attraverso la forma dell’insegnamento ex cathedra, si è posto in atto un dibattito sull’importanza della messa a punto di modelli spaziali distinti da quello sin troppo noto “aule e corridoio”.
Si è acquisito, difatti, il concetto che il processo educativo possa e debba prevedere una molteplicità di forme di interazione per l’efficacia dell’azione. Si è largamente superato il concetto del bambino come soggetto passivo di un programma educativo per assumere e valorizzare quello di comunità di individui che condividono esperienze di apprendimento e di attività e in cui gli studenti collaborano per la produzione di nuova conoscenza: l’obiettivo è sviluppare la capacità di ricerca e stimolare la socializzazione.
Da impartire nozioni e conoscenze, il compito della scuola, si è evoluto in quello di aiutare a “imparare ad imparare”, a produrre idee, ricercare diverse soluzioni ad un quesito, a sviluppare il pensiero creativo.
La ripercussione di tale mutamento di paradigma nei modelli educativi e, conseguentemente, nei metodi didattici è enorme in ordine all’organizzazione delle forme dell’apprendimento che privilegiano modalità creative e collaborative e in cui il ruolo dell’insegnante si approssima a quella di un facilitatore che organizza le attività, e incentiva la partecipazione e il contributo di tutti.
Ecco che l’aula chiusa, utile all’erogazione della didattica frontale, attrezzata con la cattedra rivolta verso le file ordinate di banchi, si è rivelata, ormai da tempo, in tutta la sua inadeguatezza a supportare, da sola, le nuove forme di apprendimento: si rendono necessari ambienti utili a valorizzare le competenze relazionali dei bambini e a stimolare la socializzazione; che permettono diverse configurazioni d’uso grazie a sistemi di arredi che consentono una facile aggregazione/disaggregazione dei gruppi durante lo sviluppo delle vari fasi del lavoro.
Emerge, pertanto, la necessità di una serie di spazi diversi dal punto di vista delle caratteristiche ambientali e delle attrezzature in relazione agli obiettivi di apprendimento: agli spazi ampi e approntati per avere un assetto facilmente modificabile, in grado di accogliere, di volta in volta, le attrezzature e le strumentazioni specialistiche legate alle diverse discipline, si devono affiancare quelli utili a favorire l’apprendimento individuale, in cui gestire autonomamente il proprio tempo e le risorse didattiche; a questi si aggiungono quelli in grado di accogliere l’intera comunità scolastica per condividere eventi o presentazioni; nonché gli spazi per il gioco e l’interazione informale con gli altri bambini e gli insegnanti.
Il progetto del sistema ambientale e tecnologico della scuola si confronta con la necessità di soddisfare le esigenze descritte anche in ordine all’innovazione dei metodi didattici e organizzativi derivanti dall’uso delle tecnologie informatiche e multimediali.
Il dibattito sulla qualità dello spazio scolastico si riafferma, infatti, oggi con particolare urgenza in ordine ad una accelerazione nella trasformazione delle forme di organizzazione della didattica e dell’apprendimento determinata dall’adozione delle ICT. Si percepisce l’opportunità della realizzazione di spazi adeguati alle più recenti concezioni della didattica e all’innovazione metodologica posta in atto grazie alla crescente diffusione di queste nuove tecnologie nella pratica educativa.
L’introduzione delle nuove tecnologie (LIM, notebook o tablet in comunicazione tra loro) ha, difatti, contribuito ad allentare la relazione docente/classe nella rigida ritualità della “aula monade” consentendo l’implementazione di processi di produzione, organizzazione, condivisione del sapere che esulano dai ristretti limiti degli ambienti scolastici tradizionalmente concepiti. L’uso delle ICT ha completamente messo in discussione il modo di fare scuola determinando, oggi e nel prossimo futuro, sostanziali implicazioni negli assetti spaziali e organizzativi, nella concezione dei tempi e delle forme della didattica.(1)
Nelle recenti sperimentazioni sul flip teaching, una concezione dell’apprendimento fortemente innovativa, opposta, o per così dire, “capovolta” rispetto a quella della tradizionale didattica in aula – in cui il tempo di studio a casa è dedicato all’acquisizione ed elaborazione dei contenuti digitali resi disponibili dal docente e il tempo a scuola è finalizzato allo sviluppo delle competenze attraverso esercitazioni, laboratori, di gruppo o individuali condotte dal docente –, le implicazioni in termini di concezione dello spazio della scuola come spazio per l’apprendimento si attua in maniera praticamente integrale.
Il progetto di architettura, nella definizione di adeguati spazi per l’apprendimento, declina le opportune scelte tecnologiche e spaziali per determinare le condizioni di benessere: dal controllo delle condizioni di comfort fisico-ambientali alla costruzione di una efficace relazione tra dimensione spaziale e cognitiva.
A supporto delle più recenti metodologie comunicative e didattiche, il compito del progetto di architettura è quello della piena valorizzazione delle potenzialità sociali, attraverso la configurazione di spazi che favoriscano la collaborazione, la ricerca, la riflessione, la costruzione e la condivisione della conoscenza.
Il processo educativo in quanto pluralità, complessità, di possibili interazioni, investe di un ruolo fondamentale la dimensione spaziale che consente, facilita o enfatizza tali relazioni; l’architettura si configura come fattore non secondario dell’efficacia dell’azione educativa, e arriva ad assumere un suo proprio ruolo nei processi cognitivi entrando a pieno titolo nei processi formativi.
L’architettura degli spazi scolastici, assume, quindi, un ruolo fondamentale nel determinare le modalità di soddisfacimento dell’esigenza pedagogico-didattica poiché nella articolazione, gerarchizzazione degli spazi formalizza, sostanzia, fisicamente il modello educativo.


La flessibilità spaziale
L’edilizia scolastica, nella società contemporanea caratterizzata da accelerazione dei cambiamenti culturali, tecnologici e sociali con rilevante incidenza sui modelli educativi e sulle tecnologie a supporto della didattica, è soggetta, più di altri tipi architettonici, all’obsolescenza funzionale e tecnologica.
Permane l’attualità delle parole dell’architetto Ernesto Rogers che già nel 1947 affermava: “È fuori di dubbio che una pedagogia progressiva richiede un’architettura adeguata, cioè organismi funzionali, flessibili alle complesse esigenze di un metodo educativo il quale non si accontenta di considerare gli allievi come massa indiscriminata, ma vuole favorire lo sviluppo di ciascun individuo (…) ed è bene mettere in conto che i problemi dell’istruzione non possono compiersi senza una architettura educatrice.”(2)
La capacità degli spazi della scuola ad adattarsi al mutare delle istanze si configura, pertanto, come una capacità essenziale alla luce della maggiore inerzia alle trasformazioni riscontrabile nel costruito rispetto ai tempi di evoluzione che caratterizzano i metodi d’insegnamento.
La progettazione dell’edilizia scolastica deve fare fronte all’incertezza legata ad una molteplicità di fattori quali: il decremento demografico, la possibile evoluzione dei quadri di esigenze in ordine ai bisogni individuali, alle istanze sociali, alle evoluzioni delle discipline pedagogiche, ai mutamenti dei modelli educativi nelle comunità didattiche. Nasce la necessità di una progettazione più attenta alla dimensione del tempo in cui i concetti di ‘permanenza’ e ‘immutabilità’, cedono il passo a quelli di ‘cambiamento’, ‘evoluzione’ e di ‘trasformabilità’ al fine di generare realtà spaziali rispondenti alla questioni attuali ma al tempo stesso adattive.
Si configura l’utilità di una progettazione matrice di possibili configurazioni utili a fronteggiare gli eventuali mutamenti delle condizioni e delle esigenze; orientata ad una architettura capace di modificare facilmente nel tempo i propri assetti, caratterizzata da diversi gradienti nella capacità di adattamento che operano nel breve, medio e lungo termine in modo da poter favorire tutti i possibili cambiamenti: funzionali (totali o parziali); nell’esercizio della medesima funzione; e, infine, diversi possibili usi nell’uso corrente.
La capacità di cambiamento, di evoluzione, si configura come possibile elemento di innovazione del progetto di architettura che guarda all’organismo edilizio come una risorsa da mantenere nel tempo; una interessante sfida per la progettazione delle scuole del futuro come della riqualificazione delle esistenti.
Nell’ambito del dibattito architettonico una caratteristica progettuale indispensabile a scongiurare i processi di obsolescenza è riconosciuto nella flessibilità in quanto capace di garantire per tutto il ciclo di vita l’utilità dei sistemi edilizi.

Nell’ambito della riflessione progettuale per l’innovazione spaziale e tecnologica di un organismo scolastico capace di adattarsi ai bisogni determinati dal mutamento/evoluzione delle condizioni è necessario distinguere tra due fondamentali caratteristiche progettuali; la flessibilità spaziale e quella tecnologica; quella spaziale consiste nella capacità di uno spazio di adattarsi a diversi usi e funzioni per rispondere efficacemente e tempestivamente alle possibili variazioni delle esigenze dell’utenza; quella tecnologica si sostanzia nella possibilità di intervenire facilmente sulle unità tecnologiche.
Le due caratteristiche progettuali sono legate, nel senso che quella spaziale implica quella tecnologica come ineludibile conditio sine qua non; d’altra parte, la flessibilità tecnologica, da sola, costituisce comunque, un importante approccio per contrastare l’obsolescenza degli organismi architettonici.
Per l’efficacia dell’“ambiente di apprendimento” è necessario disporre di spazi flessibili, caratterizzati in termini identitari, facili da configurare per generare contesti differenziati in relazione alle diverse esigenze degli utenti.
Negli edifici scolastici la caratteristica progettuale della flessibilità spaziale può essere attuata attraverso l’implementazione dei suoi possibili requisiti: l’incrementabilità, la convertibilità e la versatilità.
L’incrementabilità e la riducibilità, propri degli edifici concepiti come sistemi aperti, sono requisiti di un sistema edilizio al quale possono essere aggiunti o sottratti spazi elementari e/o unità ambientali. Tali requisiti della flessibilità estrinsecano la propria utilità nel lungo periodo permettendo trasformazioni sostanziali nell’assetto dell’organismo edilizio. Variazioni delle condizioni esterne, in particolare degli assetti demografici, potrebbero determinare la contrazione nel numero di iscritti, la necessità o l’opportunità di riutilizzare parte degli spazi per diversi livelli, gradi, scolastici; l’esigenza di inserire nuove possibili funzioni non scolastiche; ovvero, potrebbe doversi considerare la necessità di favorire l’implementazione di funzioni e attività non programmate. Tali scenari di evoluzione possono essere considerati in fase di progetto adottando sistemi costruttivi modulari e assetti planimetrici che permettono di attuare dinamiche di crescita o di decrescita delle parti.
La convertibilità, requisito che può operare nel breve e medio periodo del ciclo di vita di un organismo edilizio, esprime la capacità di unità ambientale o di un elemento spaziale di assumere differenti assetti attraverso alterazioni che possono riguardare le partizioni come le chiusure. Grazie alle trasformazioni previste è possibile modificare facilmente l’organizzazione della distribuzione spaziale, come anche espandere gli ambienti su superfici esterne. L’implementazione di tale requisito permette di rendere meno rigido il rapporto tra le attività educative / didattiche e gli spazi; inoltre, la possibilità di modificare la conformazione degli ambienti rappresenta per il bambino un modo di intervenire direttamente sul suo contesto per comprendere e impossessarsi dello spazio.
La versatilità, il requisito di una unità ambientale o di un elemento spaziale che ammette diversi possibili usi mantenendo inalterate nel tempo tanto la forma quanto le dimensioni; opera nel breve periodo e permette di usare gli ambienti scolastici per vari usi, nell’arco della stessa giornata, o in momenti differenti, attraverso semplici modifiche che possono riguardare gli arredi e le partizioni interne. Il requisito non implica la determinazione di ambienti privi di elementi di qualificazione bensì connotati architettonicamente in cui è previsto che gli elementi di arredo, legati ad una specifica modalità d’uso, possano essere facilmente dislocati e riposti da bambini e insegnanti per dar spazio ad altri, funzionali ad altre attività, con simili esigenze spaziali.
La declinazione del tema della flessibilità, difatti, nel breve e medio periodo è funzionale al potenziamento del legame tra la dimensione didattica e quella spaziale considerando il potente ruolo che la dimensione architettonica può avere nella sfera affettiva, sociale e cognitiva di ciascun studente.

La flessibilità tecnologica
La flessibilità dell’edificio scolastico, inteso come sistema ambientale e tecnologico, per essere perseguita attraverso la definizione di strategie progettuali che attengono l’insieme delle unità ambientali ed elementi spaziali, implica effettuare opportune scelte per la definizione delle unità tecnologiche e dei corrispondenti elementi tecnici.
La flessibilità tecnologica, ovvero la caratteristica progettuale di potenziale modificabilità del sistema tecnologico è imprescindibile, come si è detto, per consentire l’implementazione della flessibilità spaziale – in particolare quella di medio e lungo periodo che può prevedere la modificazione degli assetti intervenendo sulla dislocazione e/o incremento/sottrazione di chiusure, partizioni e, conseguentemente, impianti – nonché il semplice e rapido aggiornamento degli elementi costruttivi e degli impianti per i quali sopraggiunga l’obsolescenza delle prestazioni e /o il degrado.
Tale caratteristica progettuale consiste nell’adottare soluzioni tecniche costruttive e manutentive capaci di garantire la possibilità di agire facilmente sulle componenti del sistema per ragioni che attengono l’ottimizzazione funzionale dell’edificio e/o l’aggiornamento delle prestazioni delle componenti e degli impianti; più specificamente si configura come criterio progettuale volto a facilitare la modificazione e/o l’aggiornamento del sistema edilizio a livello di unità tecnologiche e consiste nella definizione delle caratteristiche materiali, morfologiche, costruttive, di correlazione di ciascuna unità tecnologica e della stessa in relazione alle altre unità.
In ordine all’adeguato rapporto tra dimensione fisica e temporale dell’edificio scolastico, nella definizione del sistema tecnologico, devono essere attentamente presi in considerazione alcuni fondamentali aspetti.
Una riflessione può essere svolta sulla relazione tra flessibilità tecnologica e manutenzione, nel senso che per perseguire la prima è determinante la seconda. È necessario, infatti, innanzitutto, ottimizzare i livelli di manutenibilità dei componenti – ovvero la probabilità di riparare un sistema in un dato tempo allorché le azioni di manutenzione sono attuate in accordo con le procedure e le risorse prescritte – in modo da consentire non solo una adeguata gestione dell’organismo edilizio durante l’intero ciclo di vita, abbassando i costi ed i tempi di manutenzione, ma anche un facile intervento nella necessità di aggiornare l’organizzazione spaziale.
È necessario non confondere la flessibilità tecnologica con la manutenibilità in quanto la prima è una caratteristica progettuale che attiene le modalità di concezione, costruzione e gestione delle unità tecnologiche e delle relazioni fra le stesse, mentre la manutenibilità è un vero e proprio requisito degli elementi tecnici.
Come si evince dalla tabella dei suoi sub requisiti, la manutenibilità si configura come qualità fondamentale per un progetto volto ad una efficace regolazione della dimensione della durata del ciclo di vita non solo degli elementi tecnici dell’edificio ma dell’intero organismo grazie alla smontabilità e sostituibilità, dalla stessa postulata, che consente il rinnovamento delle parti obsolete e/o ammalorate senza operare azioni di demolizione.
La smontabilità, o reversibilità costruttiva, è la caratteristica grazie alla quale la realizzazione dei manufatti edilizi si configura come montaggio di parti collegate e rese solidali mediante connessioni a secco, ovvero di tipo meccanico, che agevolano non solo le fasi di costruzione/dismissione ma anche, in fase di gestione, i possibili necessari smontaggi/montaggi funzionali all’allungamento del ciclo di vita.(3)
Si evidenzia, quindi, che il requisito riconosciuto come fondamentale per perseguire la flessibilità tecnologica, la reversibilità costruttiva, è in effetti implicito in quello di manutenibilità.
SUB REQUISITI DELLA MANUTENIBILITÀ |
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NON SPORCABILITA’ |
è quel requisito che consente all’elemento di essere difficilmente sporcabile, sia per le sue caratteristiche fisiche intrinseche sia per eventuali accorgimenti tecnico-morfologici. |
CAPACITA’ DI AUTOPULIZIA |
è quel requisito che consente all’elemento, soprattutto in funzione delle sue caratteristiche di forma e di progetto, di provvedere autonomamente, attraverso il suo stesso uso o per intervento di fattori previsti o progettati, alla propria pulizia. |
CAPACITA’ DI AUTOMANUTENZIONE |
è quel requisito che consente all’elemento, quasi sempre un subsistema, di provvedere da solo alle proprie esigenze manutentive. |
PULIBILITA’ |
è quel requisito che consente all’elemento di essere facilmente pulibile, in funzione soprattutto delle sue caratteristiche fisico-chimiche (la mattonella più dell’intonaco) o delle sue caratteristiche morfologiche. |
MANUTENIBILITA’ DA PARTE DELL’UTENTE |
è quel requisito che consente all’elemento d’essere manutenibile con interventi che, per la loro facilità, risultino eseguibili direttamente dall’utente. |
ISPEZIONABILITA’ |
è quel requisito che consente all’elemento di essere agevolmente ispezionato al fine di verificarne lo stato di conservazione e funzionalità, e di consentirne l’eventuale successiva riparazione o sostituzione. |
RIPARABILITA’ |
è quel requisito che consente all’elemento di essere facilmente riparato, vuoi dall’utente vuoi da un’impresa, o da un manutentore esterno. |
SMONTABILITA’ |
è quel requisito che consente all’elemento di essere facilmente smontato e asportato dalla sua collocazione abituale, all’interno del subsistema cui appartiene, in modo da essere riparato in altra sede. |
SOSTITUIBILITA’ |
è quel requisito che consente all’elemento di essere facilmente sostituito in caso di guasto irreparabile, o d’obsolescenza funzionale o tecnologica dell’elemento. |
E’ possibile formulare alcune brevi considerazioni sulle caratteristiche e sui requisiti delle unità tecnologiche e degli elementi tecnici nella progettazione di un organismo edilizio scolastico caratterizzato da flessibilità.
La struttura portante, dimensionata con le ridondanze utili a consentire scenari di ampliamento o sopraelevazione potenzialmente prevedibili, deve permettere una organizzazione modulare degli assetti nelle varie possibili posizioni delle partizioni orizzontali e verticali e delle chiusure verticali e agevolare la dislocazione delle reti impiantistiche. È, pertanto, preferibile un sistema a telaio, sia esso in acciaio o in calcestruzzo armato, poiché garantisce superiori livelli di flessibilità rispetto ad una costruzione in muratura portante.
L’organizzazione del sistema strutturale su una maglia modulare, con elementi puntiformi, luci ampie, è difatti, fondamentale per perseguire diversi possibili assetti in pianta e in alzato. La costruzione in acciaio è però preferibile rispetto a quella in calcestruzzo in ordine alla sua potenziale reversibilità costruttiva. L’utilizzo di travi cave o di travi reticolari permette di poter integrare nella morfologia della struttura la dotazione impiantistica.
I solai stratificati a secco sono idonei ad accogliere le reti di distribuzione, inoltre, permettono una semplice dislocazione impiantistica.
Le chiusure verticali possono essere realizzate con tecnologie costruttive “a secco” mediante pannelli leggeri; l’adozione di elementi riposizionabili può permettere di trasformare gli spazi aperti in spazi chiusi e viceversa; le partizioni verticali mobili con dispositivi di scorrimento su binario o ruote permettono di trasformare più unità in un’unica unità spaziale e viceversa.
Nella progettazione degli elementi e delle tecniche di posa in opera per la realizzazione delle chiusure verticali e delle partizioni, per garantire la flessibilità nell medio e nel lungo periodo attraverso l’azione di smontaggio/montaggio da parte di operatori con semplici attrezzature, è importante garantire i requisiti di leggerezza e maneggevolezza; per la progettazione delle partizioni mobili, nella scelta dei materiali e delle tecnologie realizzative è necessario porre estrema attenzione alle prestazioni di sicurezza nelle movimentazioni degli elementi, e anche di benessere ambientale dal punto di vista del confort acustico. Occorre garantire che nelle diverse configurazioni degli spazi, nella gestione quotidiana dell’ambiente scolastico, le partizioni, da chiuse, funzionino come vere e proprie pareti che impediscono la trasmissione del rumore da un ambiente a quello contiguo. La questione del benessere acustico deve essere considerata come un elemento critico poiché nella progettazione di edifici caratterizzati dalla flessibilità spaziale si presenta spesso come aspetto sottovalutato con grossi impatti sulla qualità della vita degli utenti; tutti gli elementi della costruzione devono essere, pertanto, sottoposti ad attenta verifica delle prestazioni acustiche non solo per singoli elementi ma soprattutto nelle soluzioni di correlazione tra le parti.
È necessario, in ultimo, evidenziare che quando si intende progettare spazi per l’apprendimento caratterizzati dal requisito della flessibilità spaziale, come nel caso della progettazione, ad esempio, degli spazi versatili, si impone un’adeguata progettazione degli impianti elettrici, di illuminazione e di climatizzazione.
Perseguire la flessibilità di uso degli spazi non si limita nel assicurare vari scenari di uso connotati da distinti assetti planimetrici ma, di quei potenziali assetti, assicurare le condizioni di qualità di fruizione garantendo non solo il benessere acustico, come si è detto, ma anche termico e visivo; ciò implica la definizione di un progetto degli assetti di illuminazione e climatizzazione degli ambienti correlati agli scenari di uso previsti.
Attraverso la ridondanza e l’ispezionabilità degli impianti è possibile garantire le varie possibili configurazioni perseguibili nel lungo periodo. Opzioni, come quella di realizzare solai con pavimenti o controsoffitti attrezzabili consente la semplice dislocazione impiantistica e il suo aggiornamento in caso di obsolescenza tecnologica oppure di cambiamenti degli assetti planimetrici in caso di obsolescenza funzionale.
Conclusioni
La flessibilità spaziale e tecnologica sembrano configurarsi come una caratteristica imprescindibile nel progetto architettonico delle scuole poiché consentono di realizzare organismi edilizi dinamici in ragione non solo del permettere vari scenari d’uso nell’ambito di un definito modello educativo con uno specifico progetto pedagogico ma anche nel caso del mutare o dell’evolversi dei bisogni educativi incrementando le potenziali opportunità di sfruttamento del costruito come risorsa. Dal punto di vista della durata della consistenza fisica del sistema edilizio, la flessibilitá si traduce in una serie di caratteristiche dell’edificio che riducono il possibile rischio di insorgenza dei fenomeni del degrado e/o di obsolescenza favorendo l’implementazione dei processi di manutenzione e/o di riqualificazione; ma che favoriscono, anche, l’intervento di recupero edilizio laddove, per motivi, ad esempio di decremento demografico, si concludesse il ciclo di vita di un edificio scolastico e il volume dovesse essere convertito per un diverso tipo di uso.
La costruzione con tecnologie a secco, inoltre, nel caso di realizzazione di assetti flessibili nell’ambito della riqualificazione di edifici esistenti di valore storico artistico, rende gli interventi particolarmente opportuni poiché connotati dalla caratteristica della reversibilità.
Notas
1) “In qualunque luogo di lavoro, infatti, quando si introduce un’innovazione rilevante, che richiede una nuova mentalità da parte degli operatori e modelli organizzativi inediti, viene appositamente creato e sperimentato un ambiente conforme alle nuove esigenze e al nuovo stile di attività e gli addetti vengono formati all’interno di questo ambiente nella consapevolezza che non si può stimolare la loro familiarità con le innovazioni se si continua a fare lavorare nei contesti tradizionali e secondo il tipo di organizzazione che si vuole superare”. Tagliagambe Silvano (2006), Più colta e meno gentile. Una scuola di massa e di qualità, Armando Editore, Roma. p.164
2) Rogers E. N. Architettura educatrice, “Domus – la casa dell’uomo”, n. 220, 1947, p.1, I.G.I. Stucchi, Milano
3) Il montaggio a secco consente di perseguire ulteriori vantaggi quali: la velocità e la precisione esecutiva, la riduzione dei costi e dei rischi di costruzione.
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Crediti delle immagini
Le immagini dell’Hanazono Kindergarten sono tratte da:
http://www.archdaily.com/631358/hanazono-kindergarten-and-nursery-hibinosekkei-youji-no-shiro

Artigo publicado no livro “A ESCOLA IDEAL”
ISBN 978-989-98808-3-2
Edição CIAMH, FAUP
Coordenação Editorial
Daniela Ladiana
Nuno Lacerda Lopes
Rui Braz Afonso
Ano 2018